Un ITS per l’Alto Vicentino

ITS Alto Vicentino

L’8 Giugno scorso, il Direttore della nostra fondazione (Paolo Gurisatti) è stato invitato a partecipare a un incontro organizzato dall’associazione Schio Polis, sul tema “ITS – Il politecnico della pedemontana”. Gli abbiamo chiesto di riportare sul nostro sito i contenuti del suo contributo al dibattito.ITS Alto Vicentino

FF – Da dove nasce l’idea di un “politecnico pedemontano”?

PG – Credo nasca dall’idea, dalla necessità, di valorizzare nell’Alto Vicentino una scuola “di pensiero” sul lavoro tecnicoC’è lo spazio per lanciare un’esperienza analoga a quella delle scuole interne alle grandi fabbriche negli anni ’70, che ha portato a “Frantumi Ricomposti” (il famoso libro di Federico Butera sull’organizzazione del lavoro post-fordista) e alla terza rivoluzione industriale, quella dei distretti, delle imprese rete e delle filiere globali. Oggi, il modello diffuso di organizzazione industriale e delle competenze è arrivato al capolinea. Il futuro è fatto di sistemi 4.0, di intelligenza distribuita, di integrazione “rapida” tra modelli teorici (università) e applicazioni pratiche (APP – per definizione) estesa in tutto il mondo. E’ il momento giusto per immaginare un modo di lavorare e organizzare il lavoro che vada oltre i distretti.

FF – Perché proprio gli ITS (Istituti Tecnici Superiori)?

PG – Lo ha detto chiaramente Giorgio Spanevello (Direttore dell’ITS Meccatronico di Vicenza) nel suo intervento. Gli ITS svolgono oggi la stessa funzione delle scuole tecniche e dei CFP (Centri Formazione Professionale) degli anni ’70 e ’80. Oltre il diploma di scuola superiore, che non forma più neanche formalmente “periti” in grado di assumere responsabilità produttive in azienda, è necessario costruire percorsi professionali in linea con le esigenze delle aziende in trasformazione.
Gli ITS di oggi sono una sorta di “colloquio di lavoro” che dura due anni. Consente ai giovani coinvolti di conoscere fin dall’inizio l’impresa nella quale andranno a collocarsi e, attraverso approfondimenti teorici e pratici, sviluppati con l’aiuto di docenti di provenienza (al 50%) dal mondo del lavoro, di costruire le competenze e il ruolo professionale che serve. Come i CFP di una volta, sono iniziative private, su misura, patrocinate dal pubblico.

FF – Perché proprio nell’area pedemontana?

PG – L’Area Pedemontana Veneta è la culla naturale di un modo di fare innovazione (su commessa) che è collegato a Industria 4.0, ha già una dimensione globale e non si limita ai rapporti “tradizionali” con gli istituti scolastici locali, i CFP della zona e con i dipartimenti delle università venete e lombarde (CUOA incluso).
Per questo può mobilitare maestri del pensiero organizzativo futuro e allievi interessati a sperimentarne lo sviluppo. Può diventare sede di un “nuovo politecnico” (composto da una rete di ITS), che abbia pari dignità rispetto ai poli universitari e alle academy delle grandi aziende (tipo Learning City di FCA).

FF – Si tratta di un’idea astratta o di un progetto concreto?

PG – Mi sembra un progetto promettente, a partire dall’interesse manifestato da alcuni settori delle imprese e dal sistema formativo locale. Tuttavia vedo tre questioni da mettere a fuoco per trasformarlo in un cantiere operativo e soprattutto con la possibilità di raggiungere l’obiettivo ambizioso che si propone.

1. In primo luogo ci vuole un “paradigma” innovativo e qualche caposcuola che abbia le spalle larghe (come il Federico Butera di “Frantumi Ricomposti” degli anni ’70).
Quando la Mondadori non riusciva a gestire la qualità di stampa con la vecchia divisione del lavoro, Butera (RSO) ha proposto di ricomporre i team di cromisti, fotografi, montaggisti e tiraprove sotto la guida di esperti capicommessa. In questo modo ha risolto i problemi della Mondadori, ma ha anche innescato lo sviluppo del distretto grafico di Verona.
Esperienze analoghe si sono registrate nell’Alto Vicentino. Ne cito solo una, che ho visto con i miei occhi, durante la mia tesi di laurea: Walter Pizzolato, che aveva in mente il paradigma dell’impresa rete alla Zanrosso (forse mutuato da Pagliarani – fondatore del CUOA) nel 1979.
Il politecnico della pedemontana nasce bene se dispone di un modello di riferimento per il lavoro futuro che sia robusto quanto quello di Butera e Pizzolato quarant’anni fa, quando sono nati i CFP dei distretti.

2. In secondo luogo ci vogliono “risorse umane” adeguate al progetto.
Negli anni ’70 e ’80 i CFP e gli Istituti Tecnici Industriali erano popolati da insegnanti che avevano vissuto in prima persona le applicazioni del nuovo paradigma, entro imprese innovative, le università e i centri di ricerca avanzata di tutto il mondo (come il prof. Magnifico o il prof. Giordano al Rossi, il prof. Berto al Galilei di Arzignano e il prof. Chasseur alla Scuola Grafica di San Zeno a Verona).
Questi docenti di provenienza industriale portavano nella scuola non solo il nuovo paradigma, ma anche le esperienze pratiche, le innovazioni prodotte e vissute a ridosso del mercato, e le tecnologie.
Il primo Macintosh 512 l’ho visto alla Scuola Grafica di San Zeno nel 1984. Chasseur aveva introdotto 200 ore di informatica al secondo anno di CFP, con una batteria di Apple all’avanguardia (pagati con i calcoli fatti di notte per la Dupont). Magnifico ha portato l’elettronica al Rossi, quando in Italia pochi sapevano cosa fosse. Butera si è formato in Olivetti.
I corsi ITS di oggi devono saper riprodurre la magia di quegli anni, attivando una squadra di docenti adatta a Industria 4.0.

3. In terzo luogo ci vuole un modello di governance flessibile, adeguato ai tempi e alle ambizioni del progetto.
Se l’ambizione è quella di progettare un “sistema” di corsi ITS, che rappresenti una rottura dei percorsi attuali di formazione/orientamento post-diploma, ci vuole un’intesa forte tra le imprese interessate e le istituzioni del territorio. Per sperimentare un modello innovativo che ancora non esiste, bisogna procedere per gradi.
Il primo passaggio è trovare un riferimento convincente. Lo schema presentato da FCA (Learning City) al convegno ASVESS del 30 gennaio 2020 è un ottimo punto di partenza. Poi ci vuole un’associazione che si proponga di adattarlo alle esigenze del sistema pedemontano.

Noi come Fondazione Palazzo Festari (che siamo già attivi nell’orientamento) siamo interessati alla sperimentazione e disponibili a dare una mano.

Nell’attesa che si concretizzi il progetto di un ITS Pedemontano, come Fondazione Palazzo Festari segnaliamo l’iniziativa della CCIAA di Vicenza, che mette a disposizione 25 borse di studio per gli studenti che si iscriveranno a uno degli ITS-Academy della provincia.

La scadenza per presentare le domande è il 03/08/2020. Il bando è visionabile a questo link.